La sicurezza dei robot industriali secondo EN ISO 102018

La norma EN ISO 102018 è una direttiva fondamentale per garantire la sicurezza dei robot industriali a partire dalla progettazione, al funzionamento e alla sicurezza degli operatori.

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Definizione e classificazione dei robot industriali

Il concetto di robot industriale è definito dalla ISO 10218 come una macchina automatica multiuso programmabile e riprogrammabile, fissa o mobile; il robot è in grado di manipolare materiali, parti, strumenti o dispositivi specializzati per eseguire varie attività senza intervento diretto dell’uomo. I robot industriali sono progettati per migliorare l’efficienza e la convenienza nei processi produttivi, riducendo i tempi di lavoro e aumentando la precisione delle operazioni.

Nella valutazione dei rischi bisogna tenere in considerazione una serie di fattori fondamentali relativi al funzionamento e all’impiego del robot industriale. In primo luogo, è essenziale considerare le operazioni previste del robot: tra queste si comprendono l’insegnamento delle procedure, la manutenzione regolare, l’impostazione dei parametri e la pulizia dopo l’uso. Tuttavia, è altrettanto importante considerare gli imprevisti, come un avvio inatteso, che potrebbe richiedere un intervento immediato da parte del personale da tutte le direzioni per prevenire eventuali danni o incidenti. Un altro aspetto da considerare è l’uso improprio del robot, che potrebbe essere ragionevolmente prevedibile e comportare rischi significativi se non gestito correttamente. Inoltre, è fondamentale valutare l’effetto di un guasto nel sistema di controllo, poiché potrebbe compromettere la sicurezza del robot e degli operatori coinvolti. Infine, se necessario, è importante identificare e comprendere i pericoli specifici associati all’applicazione particolare del robot, adottando misure preventive adeguate per mitigare i rischi potenziali.

La classificazione dei robot secondo la ISO 10218 si basa sulla valutazione del rischio e prevede diverse categorie in base alle caratteristiche e alle capacità della macchina. La sicurezza dei robot è un aspetto fondamentale che deve essere preso in considerazione durante la progettazione, l’installazione e l’utilizzo dei robot industriali.

Requisiti generali di sicurezza per l’uso dei robot

ISO 102018 fornisce linee guida specifiche per assicurare che i robot siano progettati e utilizzati in modo sicuro ed efficiente. La corretta progettazione dei robot è essenziale ed è il punto di partenza per garantire la sicurezza funzionale e la resistenza meccanica necessarie ad affrontare le diverse situazioni operative. I materiali impiegati nella costruzione dei robot devono essere selezionati con cura, tenendo conto delle sollecitazioni a cui verranno sottoposti e delle normative vigenti in materia di sicurezza.

Lo sviluppo tecnologico ha portato a nuove applicazioni collaborative che richiedono un’attenta valutazione dei rischi e un’adeguata progettazione dei sistemi di sicurezza. La prestazione delle parti del sistema di comando deve essere accuratamente testata e verificata per garantire un funzionamento affidabile in ogni situazione.

La progettazione dei robot deve tenere conto delle varie fasi di utilizzo, dalla fase di programmazione a quella di esercizio, inclusi eventuali interventi di manutenzione. È fondamentale che i robot siano dotati di dispositivi di protezione adeguati per prevenire incidenti e lesioni agli operatori.

La norma EN ISO 102018 pone inoltre l’accento sull’importanza della formazione degli operatori, che devono essere informati sui rischi correlati all’uso dei robot e sulle corrette procedure da seguire per garantire la propria sicurezza. Ovviamente si devono poi effettuare regolari controlli e test per verificare la conformità dei robot ai requisiti di sicurezza stabiliti.

Protezioni fisiche e sistemi di sicurezza nei robot industriali

Nel contesto dei robot industriali, le protezioni fisiche e i sistemi di sicurezza rivestono un ruolo essenziale per garantire la manipolazione sicura degli operatori e la protezione delle attrezzature e degli ambienti circostanti. Le protezioni fisiche sono progettate per prevenire il contatto accidentale con parti mobili dei robot e per limitare l’accesso non autorizzato agli stessi. Queste protezioni devono essere progettate in modo da non compromettere l’efficienza operativa del robot, consentendo al contempo un’interfaccia sicura con gli operatori.

Stop di emergenza e di protezione

Ogni robot deve avere una funzione di arresto di protezione e una funzione di arresto di emergenza indipendente. A seconda della categoria di appartenenza i robot devono avere uno o più funzioni di arresto in caso di emergenza. L’arresto di emergenza deve essere progettato per arrestare rapidamente lil robot in situazioni in cui vi è un rischio immediato per la sicurezza o la salute. È tipicamente avviato da un grande pulsante o interruttore marcati in modo visibile facilmente accessibile agli operatori. Una volta attivato, un arresto di emergenza arresta il robot il più rapidamente possibile, annullando il normale funzionamento e spegnendone l’alimentazione. Gli arresti di emergenza sono utilizzati per rispondere a emergenze impreviste, come malfunzionamenti delle apparecchiature, lesioni dell’operatore o presenza di pericoli nell’area di lavoro.

Lo stop di protezione è un arresto di sicurezza dei robot che mantiene attiva la programmazione in modo da consentire un riavvio senza perdita di operatività.

Protezioni

I sistemi di sicurezza includono dispositivi come sensori di sicurezza, tastiere di emergenza, barriere fotoelettriche e altri dispositivi che possono rilevare movimenti non sicuri o situazioni potenzialmente pericolose. Inoltre, vengono impiegati sistemi di controllo intelligenti che possono fermare il robot in caso di emergenza o ridurre la velocità delle operazioni in presenza di ostacoli imprevisti.

Per quanto riguarda lo stoccaggio, il trasporto e l’imballaggio dei robot industriali, è importante garantirne la sicurezza durante tutte le fasi del ciclo di vita. Le protezioni fisiche e i sistemi di sicurezza devono essere progettati in modo da prevenire danni ai robot durante le operazioni di movimentazione e trasporto, evitando danni alla struttura e ai componenti sensibili.

La limitazione della temperatura è un altro aspetto critico da considerare nella progettazione dei sistemi di sicurezza dei robot industriali. Si deve monitorare costantemente la temperatura dei componenti critici dei robot per prevenire surriscaldamenti e danneggiamenti. Allo stesso tempo è importante garantire la corretta dissipazione del calore prodotto durante il funzionamento del robot.

L’energia elettrica, pneumatica e idraulica utilizzata dai robot industriali deve essere gestita in modo sicuro per prevenire il rischio di incidenti o guasti. I sistemi di alimentazione devono essere progettati secondo standard di sicurezza specifici e devono essere regolarmente manutenuti e verificati per garantirne il corretto funzionamento.

Le classi di robot, Classe I e Classe II, definiscono le specifiche livello di sicurezza richieste per garantire un ambiente lavorativo sicuro per gli operatori. I robot di Classe I sono dotati di maggiori protezioni fisiche e sistemi di sicurezza rispetto ai robot di Classe II, che richiedono una maggiore supervisione umana durante le operazioni.

Infine, bisogna considerare anche la cybersicurezza nella progettazione dei robot industriali, poiché la crescente interconnessione tra i dispositivi rende i robot vulnerabili ad attacchi informatici.

I robot mobili

I robot mobili sono macchine in grado di spostarsi autonomamente all’interno di uno spazio definito, senza la necessità di una guida esterna. Questi robot possono essere progettati per svolgere varie attività, come il trasporto di merci, la sorveglianza, la pulizia e molte altre funzioni.

I robot mobili possono essere classificati in base alla loro forma di locomozione, che può essere a ruote, cingoli, gambe o anche aerei. Le caratteristiche principali di un robot mobile includono la capacità di navigare in modo autonomo, evitando ostacoli e raggiungendo i punti desiderati, la capacità di comunicare con sistemi esterni per ricevere istruzioni o inviare informazioni, e la robustezza fisica per resistere agli ambienti complessi e alle sollecitazioni quotidiane.

Questa tipologia di robot deve essere dotata di dispositivi per evitare collisioni o incidenti; i robot mobili devono potersi arrestare automaticamente in caso di emergenza. inoltre gli operatori devono poter facilmente controllare ed eventualmente disattivarli se necessario.

I robot collaborativi

I robot collaborativi sono progettati per lavorare a stretto contatto con noi, collaborando e interagendo. Esistono diverse tipologie di robot collaborativi, ognuna con specifiche funzionalità che si adattano alle diverse esigenze lavorative.

Essi possono essere divisi in diverse categorie in base alle loro caratteristiche e funzionalità. Una tipologia comune è rappresentata dai robot collaborativi dotati di sensori avanzati che permettono loro di percepire l’ambiente circostante e adattarsi alle variazioni in tempo reale. Questi robot sono in grado di eseguire compiti che richiedono una certa flessibilità e capacità di adattamento, come ad esempio il pick and place di oggetti di forme diverse e dimensioni variabili.

Altra tipologia importante è rappresentata dai robot collaborativi dotati di sistemi di visione artificiale, che permettono loro di riconoscere oggetti e persone e interagire con essi in modo sicuro ed efficace. Questi robot sono particolarmente adatti per svolgere attività di ispezione e controllo qualità, dove è richiesta una elevata precisione e accuratezza nell’identificazione degli elementi analizzati.

Un’altra categoria di robot collaborativi molto diffusi è rappresentata dai robot manipolatori, dotati di bracci meccanici in grado di eseguire movimenti complessi e precisi per svolgere attività di assemblaggio, montaggio o manipolazione di materiali. Questi robot sono spesso impiegati in linee di produzione industriali per automatizzare processi ripetitivi e migliorare l’efficienza produttiva.

Infine, esistono anche robot collaborativi mobili, dotati di sistemi di navigazione autonomi che permettono loro di spostarsi in modo autonomo all’interno degli ambienti lavorativi e svolgere diverse attività in diversi punti della fabbrica o del magazzino. Queste tipologie di robot sono sempre più utilizzate nelle industrie per ottimizzare la logistica interna e aumentare la flessibilità e la produttività dei processi lavorativi.

Gestione del rischio e valutazione della conformità

Il Regolamento UE in materia di macchine impone che i fabbricanti di robot adottino un approccio basato sul rischio per garantire la sicurezza dei loro prodotti. Questo significa che la gestione del rischio e la valutazione della conformità devono essere parte integrante del processo di progettazione e produzione dei robot secondo la norma EN ISO 102018.

La gestione del rischio inizia con l’identificazione e l’analisi di tutti i potenziali pericoli che il robot potrebbe presentare durante il suo utilizzo. Questo può includere rischi legati alla movimentazione meccanica, all’interazione uomo-macchina, alla presenza di sostanze pericolose o alla possibilità di incidenti dovuti a malfunzionamenti del sistema. Una volta individuati i rischi, è necessario valutarne la gravità e la probabilità di occorrenza, al fine di definire le misure preventive e protettive da adottare.

La valutazione della conformità riguarda invece il rispetto dei requisiti normativi e delle specifiche tecniche previste dalla normativa EN ISO 102018. Questi requisiti riguardano diverse aree, tra cui la progettazione e costruzione del robot, l’installazione e messa in servizio, l’uso sicuro del robot e la manutenzione corretta. Inoltre, è importante tenere conto delle specifiche esigenze dei settori in cui il robot sarà impiegato, ad esempio nel settore industriale, sanitario o agricolo.

L’implementazione di apposite misure di protezione e sicurezza rappresenta un altro aspetto fondamentale sia in ambito hardware sia software.


Smart DPI: la tecnologia nella sicurezza sul lavoro

Non solo DPI, ma anche smart DPI e IoT (Internet of Things): le nuove tecnologie contribuiscono sempre più alla sicurezza sul lavoro, migliorandola notevolmente.

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Cosa sono gli Smart DPI: caratteristiche e vantaggi

Gli smart DPI rappresentano una innovazione significativa nell’ambito dei DPI. Gli smart DPI integrano la tecnologia IoT, Internet of Things, offrendo funzionalità avanzate e una maggiore efficienza nella protezione dei lavoratori. Questi dispositivi attraverso sensori di rilevamento connessi in rete monitorano costantemente l’ambiente lavorativo rilevando potenziali rischi per la sicurezza.

Una delle principali caratteristiche degli smart DPI è la capacità di raccogliere e analizzare dati in tempo reale sull’ambiente di lavoro, consentendo una risposta immediata in caso di situazioni pericolose. I sensori integrati nei dispositivi sono in grado di rilevare per esempio variazioni di temperatura, di pressione, livelli di umidità, presenza di sostanze nocive , fornendo informazioni dettagliate agli operatori.

Grazie alla connettività IoT, gli smart DPI possono comunicare tra loro e con i sistemi centralizzati per scambiarsi informazioni e coordinare le azioni da intraprendere in caso di emergenza. Inoltre, gli smart DPI sono dotati di funzionalità avanzate come notifiche in tempo reale, allarmi personalizzati e sistemi di geolocalizzazione che consentono di individuare rapidamente la posizione dei lavoratori in caso di emergenza. Queste caratteristiche migliorano notevolmente la reattività e l’efficacia delle misure di sicurezza sul lavoro, riducendo il rischio di incidenti.

Un altro vantaggio degli smart DPI è la possibilità di raccogliere e analizzare i dati attraverso la cui analisi si possono identificare trend e pattern, individuare aree critiche e pianificare interventi mirati per migliorare le condizioni di sicurezza. La disponibilità di dati accurati consente di valutare l’efficacia delle misure adottate e apportare eventuali modifiche per ottimizzare la protezione dei lavoratori in un processo di monitoraggio continuo finalizzato al continuo miglioramento.

Formazione e addestramento

Il Rapporto tecnico UNI TR 11858:2022 sottolinea che la formazione dovrà essere specifica e mirata in particolare per quanto riguarda i seguenti argomenti:

  • la finalità dell’introduzione del sistema Iot,
  • la funzionalità del sistema Iot,
  • la tecnologia di comunicazione adottata,
  • i dati rilevati, trasmessi, elaborati e archiviati e la politica di gestione degli stessi,
  • le specificità relative ai DPI con sistema Iot,
  • eventuali modifiche alle procedure a seguito dell’introduzione dei sistemi Iot,
  • il miglioramento nella gestione della sicurezza e delle emergenze,
  • l’impatto e le conseguenze sull’operatore in merito alla tutela della salute a seguito dell’utilizzo dei DPI con sistema Iot.

Applicazioni

Utilizzando un sistema IoT tutte le informazioni relative ai DPI sono gestite globalmente. Questi dati includono istruzioni, codici identificativi, date di scadenza, ore di utilizzo, eventuali operazioni di manutenzione periodica, assegnazione ai lavoratori.

L’utilizzo degli smart DPI si può rivelare estremamente utile nelle aree ad accesso controllato in modo da consentire l’accesso solo ai lavoratori autorizzati, formati e con i DPI necessari.

Inoltre gli smart DPI possono essere configurati in modo da interagire con altre attrezzature per segnalare eventuali situazioni di pericolo.

Nessuno svantaggio?

DPI con sistemi IoT generano campi elettromagnetici e per questo si rimanda alla CEI EN 62369-1 e alla CEI EN 62479.

L’utilizzo degli smart DPI può comportare che si verifichi una diminuzione della percezione del rischio. Nonostante l’uso corretto e la manutenzione regolare, esiste sempre la possibilità che questi dispositivi presentino malfunzionamenti, che potrebbero non essere immediatamente rilevati dagli operatori. Pertanto, è essenziale che i lavoratori siano adeguatamente preparati a gestire eventuali situazioni di emergenza anche in presenza di guasti tecnici. Questo richiede non solo una formazione adeguata sull’uso dei dispositivi e sui protocolli di sicurezza, ma anche la disponibilità di procedure di emergenza chiare e facilmente accessibili.

Dal momento che gli smart DPI sono dispositivi in grado di raccogliere una vasta quantità di dati anche personali e sensibili, è indispensabile implementare rigorose misure di protezione dei dati e garantire il rispetto del GDPR e in particolare riguardo a quali dati si raccolgono, in che modo e come poi sono analizzati e conservati.


Scale portatili: gli infortuni più frequenti

Le scale portatili sono utilizzate frequentemente nei luoghi di lavoro, ma possono causare diversi tipi di infortuni se non vengono utilizzate correttamente.

Tipologie di infortuni

Le tipologie più comuni di infortuni con le scale portatili includono le cadute, che rappresentano la maggior parte degli incidenti. Le cadute possono avvenire a causa di una base instabile, di un uso scorretto della scala o della mancanza di attenzione da parte dell’operatore.

Altri infortuni frequenti riguardano gli incidenti legati alla sovraccarico della scala, che può causare il cedimento della struttura o il ribaltamento improvviso. Inoltre, i rischi di schiacciamento delle dita sono piuttosto comuni durante l’apertura e la chiusura delle scale portatili. È importante prestare particolare attenzione a queste operazioni per evitare lesioni.

Anche gli infortuni legati all’utilizzo di scale danneggiate o difettose rappresentano un’altra categoria significativa. Utilizzare sempre scale in buono stato e controllare regolarmente che siano integre e sicure per evitare situazioni pericolose.

Fattori che contribuiscono agli infortuni con le scale portatili

Uno dei principali fattori, nonché molto banale, è rappresentato dall’utilizzo scorretto della scala, ad esempio posizionandola in modo instabile. La fretta può portare gli operatori a compiere azioni rischiose, come salire troppo velocemente o ignorare le norme di sicurezza. Inoltre, l’ambiente di lavoro può influenzare la sicurezza: superfici scivolose, terreni irregolari o presenza di ostacoli possono aumentare il rischio di cadute.

Procedure di sicurezza per il corretto utilizzo della scala portatile

Per prevenire gli incidenti utilizzando correttamente una scala portatile è importante verificare che sia in buone condizioni e che sia adatta all’uso previsto. Bisogna assicurarsi che la scala sia posizionata su una superficie stabile e piana, evitando di appoggiarla su superfici scivolose o instabili. Durante l’utilizzo della scala, è fondamentale mantenere sempre entrambi i piedi fermi sui gradini e evitare di appoggiarsi su un lato o di sporgersi troppo in avanti. Bisogna fare attenzione ai movimenti bruschi o improvvisi che potrebbero causare uno squilibrio e far cadere la scala.

Tipologie di scale portatili

La norma tecnica di riferimento per le scale portatili è la UNI EN 131

Dalla linea guida “Utilizzo di scale portatili nei cantieri temporanei e mobili” di Regione Lombardia possiamo classificare le scale portatili in:

  • Scale semplici di appoggio: scale che, una volta pronte all’uso, poggiano la parte inferiore sul terreno e la parte superiore su una superficie verticale, non avendo supporto proprio. Possono essere a un solo tronco o a più tronchi innestabili o sfilabili.
  • Scale doppie: scale auto-stabili che, quando pronte all’uso, si sostengono da sole appoggiando i due tronchi sul terreno, permettendo la salita da uno o entrambi i lati, a seconda della tipologia.
  • Scale a castello: scale autoportanti con una solida base di appoggio, un tronco di salita dotato di corrimano e un’ampia piattaforma di stazionamento con parapetto normale su tre lati.
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Utilizzo corretto delle scale portatili nei cantieri

Idoneità e formazione dei lavoratori

I lavoratori incaricati dell’utilizzo della scala devono avere l’idoneità per la mansione specifica rilasciata dal Medico Competente e devono aver ricevuto una formazione adeguata e un addestramento completo riguardo all’uso dell’attrezzatura fornita. La presenza e l’accessibilità del manuale d’uso e manutenzione devono essere sempre garantite.

Prima dell’uso

La scala deve essere appropriata per l’uso specifico e prima i ogni utilizzo bisogna verificarne l’integrità, lo stato di conservazione e l’efficienza. Eventuali residui come malte, pitture, oli, grasso o ghiaccio devono essere accuratamente rimossi dalla scala. Bisogna controllare il peso massimo consentito dalla scala e non superarlo in nessun caso.

Il lavoratore che salirà sulla scala deve indossare un abbigliamento adeguato e gli eventuali DPI fornitigli dal Datore di Lavoro per la mansione.

Trasporto della scala portatile a spalla

Quando un lavoratore trasporta a spalla una scala portatile deve tenerla inclinata e mai orizzontale, soprattutto se la visibilità è limitata. Deve inoltre sorreggere la scala con il braccio evitando di inserirlo all’interno della scala tra gradini o pioli.

Collocazione della scala portatile

I gradini o i pioli della scala devono costantemente essere orizzontali rispetto al pavimento o base di appoggio, mentre la scala deve trovare sostegno su una superficie regolare, fissa, stabile e priva di scivolosità. Se necessario, essa deve essere vincolata opportunamente al piano d’appoggio.

Per le scale dotate di piedini regolabili in altezza, il posizionamento su superfici inclinate è consentito, con l’obbligo di regolarli in modo che i pioli o i gradini mantengano costantemente l’orizzontalità. La distanza massima del primo gradino o piolo dal piano di appoggio deve essere di 315 mm, e il piano di appoggio deve essere facilmente accessibile.

Nel caso di posizionamento su impalcato, va tenuto presente il rischio aumentato di caduta dall’alto, richiedendo l’adozione di adeguate misure di sicurezza. Le scale devono sempre poggiate sui propri tappi o piedini, con divieto di appoggiarle sui gradini o sui pioli.

Il posizionamento della scala deve essere valutato con attenzione, considerando i rischi di collisione con eventuali veicoli, porte, pedoni, nonché lontano da linee elettriche, aperture nel vuoto, oggetti metallici contundenti e fonti di calore o fumi. Se utilizzata all’esterno, la collocazione della scala deve tener conto dei potenziali rischi meteorologici, e l’area sottostante deve essere segregata.

I meccanismi di chiusura/blocco devono essere correttamente posizionati, conformemente al manuale d’uso e manutenzione.

Dopo l’uso

Terminata l’attività sulla scala, essa va chiusa e riposta in un luogo coperto; se la scala si fosse sporcata con vernici, oli o altro dovrà essere pulita. Inoltre è importante verificare quale manutenzione è richiesta e indicata nel manuale d’uso e attuarla regolarmente.


Hot work: rischio incendio e prevenzione nei lavori a caldo

Con hot work si intendono quelle attività ed operazioni che coinvolgono l’utilizzo di fiamme libere o la generazione di calore che può facilmente causare incendi se non gestito correttamente. Esempi di lavori a caldo comuni sono la saldatura, il taglio, la forgiatura e la fusione di metalli, la termoforatura della plastica, lavori con asfalto caldo, operazioni di essicazione industriale.

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LA CFPA-Europe (Confederation of Fire Protection Associations Europe), associazione di organizzazioni nazionali europee che si occupa principalmente di prevenzione e protezione antincendio, di sicurezza e altri rischi connessi, fondata nel 1974, indica nella linea guida dedicata ai lavori a caldo, CFPA-E Guideline No 12:2023 F, le principali indicazioni da seguire e tenere presente per la sicurezza sul lavoro nell’ambito dei lavori a caldo.

Identificazione e valutazione dei rischi

Tra i principali rischi legati ai lavori a caldo vi sono gli incendi, le ustioni e l’esposizione a sostanze nocive. È pertanto essenziale individuare e classificare i possibili pericoli in modo da poter adottare le adeguate misure preventive e protettive. Per identificare correttamente i rischi nei lavori a caldo è utile un’analisi attenta delle condizioni ambientali, valutando la presenza di materiali infiammabili, la ventilazione dell’area di lavoro e le possibilità di propagazione di incendi.

Individuati i rischi potenziali, si possono stabilire le procedure operative e pianificare le attività. È inoltre cruciale fornire al personale coinvolto formazione specifica riguardo alle misure di sicurezza da adottare in caso di emergenza e sull’utilizzo corretto dei dispositivi di protezione individuale.

DPI per i lavori a caldo

Tra i DPI più comuni utilizzati per questo tipo di lavori vi sono i guanti termoisolanti, che proteggono le mani dagli elevati calori e dalle scottature. È fondamentale che i guanti siano di qualità e adeguatamente dimensionati per garantire una protezione efficace. È poi consigliabile utilizzare tute ignifughe o giubbotti termoisolanti, che proteggano il corpo dai rischi di ustioni, e calzature antiscivolo e antiperforazione.

Un altro dispositivo di protezione individuale importante per i lavori a caldo è rappresentato dalle maschere facciali con filtro per gas e vapori, che proteggono le vie respiratorie dagli agenti nocivi emessi durante le attività di saldatura o taglio termico. Per proteggere gli occhi dagli spruzzi di metallo fuso durante la saldatura, vi sono schermi facciali trasparenti o degli occhiali protettivi specifici anti-UV e infrarossi.

Misure preventive e formazione del personale

Prima di iniziare qualsiasi attività, è necessario assicurarsi che tutto il personale coinvolto sia correttamente addestrato e a conoscenza dei rischi associati ai lavori a caldo. È importante indossare l’abbigliamento e gli equipaggiamenti di protezione individuali adeguati, come tute anticalore, guanti termoisolanti, scarpe antiscivolo e occhiali protettivi. Prima di avviare qualsiasi operazione, è essenziale controllare attentamente che gli strumenti e le attrezzature siano in buono stato e che siano stati sottoposti alle necessarie ispezioni e manutenzioni.

Durante i lavori a caldo, è fondamentale mantenere un’adeguata ventilazione sul posto di lavoro per evitare l’accumulo di gas nocivi o vapori tossici. Inoltre, è importante tenere sotto controllo la temperatura degli attrezzi e delle superfici calde per prevenire ustioni o incendi accidentali. Tutti i lavoratori coinvolti devono essere consapevoli delle procedure di emergenza da seguire in caso emergenza.

Il permesso di lavoro a caldo

Per garantire un ambiente di lavoro sicuro durante le operazioni a caldo, è necessario stabilire dei limiti di temperatura sicuri per evitare il surriscaldamento delle attrezzature e prevenire incendi. Inoltre, è importante mantenere un’adeguata ventilazione nelle aree dove si eseguiranno le operazioni a caldo per evitare l’accumulo di gas tossici o vapori dannosi. Il permesso di lavoro a caldo è l’autorizzazione al lavoro stesso che dovrebbe essere rilasciata solo dopo aver valutato i rischi e aver adottato tutte le misure di sicurezza necessarie.

Di seguito uno stralcio della scheda di permesso del lavoro a caldo tratta dalla CFPA-E Guideline No 12:2023 F.

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Durante il processo di autorizzazione, è importante prendere in considerazione anche il grado di esperienza e formazione dei lavoratori coinvolti, assicurandosi che siano in grado di gestire in modo sicuro le operazioni a caldo. Durante le operazioni a caldo, è fondamentale rispettare rigorosamente tutte le procedure di sicurezza stabilite, evitando comportamenti negligenti o non conformi alle normative vigenti. In caso di emergenza durante le operazioni a caldo, è necessario che tutti i lavoratori siano in grado di agire prontamente seguendo i protocolli di sicurezza stabiliti. Infine, è importante condurre regolari ispezioni sulle attrezzature utilizzate durante le operazioni a caldo per garantirne la conformità e il corretto funzionamento.


Il quasi incidente o near miss: identificazione e gestione

Il quasi incidente o near miss è un importante segnale d’allarme da non ignorare. Gestire adeguatamente i quasi incidenti è fondamentale per la salute e sicurezza nel luogo di lavoro.

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Identificazione del quasi incidente

Un mancato incidente può essere definito come un incidente che non ha provocato danni. Per identificare i mancati incidenti o infortuni, le aziende devono implementare un sistema di monitoraggio accurato e continuo. Questo può includere l’utilizzo di report e registri degli incidenti, la valutazione delle cause e dei fattori di rischio che potrebbero portare a un infortunio, nonché l’analisi delle tendenze nel tempo. È importante coinvolgere tutti i lavoratori nell’identificazione dei mancati incidenti.

Inoltre, è utile l’analisi del tasso di frequenza degli incidenti. Questo indicatore misura il numero di infortuni per un determinato numero di ore lavorate o per un determinato periodo di tempo. Un tasso di frequenza basso può indicare una buona gestione della sicurezza sul lavoro, ma potrebbe anche nascondere problemi di sotto-segnalazione degli incidenti da parte dei lavoratori. Pertanto, è importante analizzare i dati in modo critico, tenendo conto di tutti i fattori che possono influenzare l’accuratezza dei risultati. Identificare i mancati incidenti è un passo importante nella gestione efficace della sicurezza sul lavoro. Una volta individuati, è importante analizzare le cause profonde e prendere provvedimenti per prevenire infortuni futuri.

Analisi delle cause e fattori di rischio

Ci sono diverse categorie di cause che possono contribuire a un incidente sul lavoro. Le cause immediate sono direttamente legate all’incidente stesso, come ad esempio un errore umano o una condizione di lavoro non sicura. Le cause sottostanti, invece, sono più profonde e radicate nel sistema di gestione della sicurezza. Queste possono includere problemi organizzativi, quali mancanza di formazione adeguata, comunicazione inefficace o carenze nella supervisione.

Oltre alle cause, è importante considerare anche i fattori di rischio che possono contribuire agli infortuni sul lavoro. I fattori di rischio sono le condizioni o le situazioni che aumentano la probabilità che si verifichi un infortunio. Essi possono essere suddivisi in due categorie principali: i fattori fisici e i fattori psicosociali.

I fattori fisici includono l’uso di macchinari pericolosi, la mancanza di dispositivi di sicurezza adeguati o una postura scorretta durante il lavoro. I fattori psicosociali, invece, riguardano gli aspetti relazionali e psicologici del lavoro, come ad esempio l’eccessivo carico di lavoro, l’assenza di supporto sociale o la mancanza di controllo sul proprio lavoro.

Per effettuare un’analisi accurata delle cause e dei fattori di rischio, è necessario raccogliere dati dettagliati sugli incidenti, esaminare le procedure operative e intervistare i lavoratori. Queste informazioni sono essenziali per identificare le cause principali degli infortuni e sviluppare interventi efficaci per prevenirli.

Strategie per la prevenzione dei mancati incidenti

La formazione dei lavoratori e il ruolo della comunicazione interna sono elementi fondamentali per la gestione dei mancati infortuni all’interno delle organizzazioni. La formazione riguarda sia la prevenzione che la gestione degli infortuni, fornendo ai dipendenti le competenze necessarie per evitare situazioni rischiose e per agire in modo appropriato in caso di incidenti. Questa formazione può includere addestramenti sulle norme di sicurezza, l’uso corretto degli strumenti e delle attrezzature, nonché procedure di evacuazione e di primo soccorso.

La comunicazione interna svolge un ruolo chiave nel garantire che tutti i dipendenti siano consapevoli delle politiche aziendali in materia di sicurezza e degli eventuali cambiamenti o aggiornamenti. La comunicazione interna deve essere chiara, tempestiva e accessibile a tutti i dipendenti, utilizzando diversi canali come ad esempio meeting di gruppo, newsletter o intranet aziendale. In questo modo, si favorisce la diffusione delle informazioni pertinenti e si stimola un clima di consapevolezza e responsabilità tra i dipendenti.

La formazione e la comunicazione devono essere integrate in un sistema di gestione degli infortuni che includa anche la raccolta e l’analisi dei dati sugli incidenti e le relative azioni correttive. Questo permette di identificare le cause degli infortuni e di adottare misure preventive per evitare future situazioni simili.

Monitoraggio, valutazione e adeguamento delle misure preventive

Attraverso il monitoraggio è possibile individuare eventuali carenze nelle misure preventive adottate, al fine di poter intervenire tempestivamente per correggere la situazione. Il monitoraggio può avvenire attraverso diverse modalità, tra cui l’analisi dei dati relativi agli incidenti e agli infortuni sul lavoro, l’analisi delle segnalazioni di pericolo o casi di quasi infortunio, nonché attraverso l’osservazione diretta delle condizioni di lavoro.

Una volta effettuato il monitoraggio, è necessario procedere alla valutazione delle misure preventive adottate. La valutazione può essere effettuata attraverso l’analisi dei dati raccolti durante il monitoraggio e confrontando tali dati con gli obiettivi prefissati. L’obiettivo della valutazione è quello di individuare eventuali criticità o aree di miglioramento.

Successivamente, sulla base dei risultati della valutazione, si procede all’adeguamento delle misure preventive. Questo può avvenire attraverso la modifica o l’implementazione di nuove misure preventive, al fine di ridurre al minimo i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Monitoraggio, valutazione e adeguamento delle misure preventive costituiscono un processo continuo e dinamico. Le condizioni di lavoro possono cambiare nel tempo, così come i rischi associati. Pertanto, è fondamentale che l’organizzazione sia in grado di adattarsi e di modificare le misure preventive in base alle nuove necessità. In conclusione, il monitoraggio, la valutazione e l’adeguamento delle misure preventive sono strumenti essenziali per garantire la sicurezza sul lavoro. Attraverso un costante monitoraggio, una valutazione accurata e un adeguamento tempestivo delle misure preventive, è possibile creare un ambiente di lavoro sicuro ed efficiente, riducendo al minimo il rischio di incidenti e infortuni.


Indicazioni Ministeriali per il rientro a scuola 2023/24: protocollo per studenti positivi al COVID-19

Il 10 agosto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale un decreto che abolisce gli obblighi di isolamento e auto-sorveglianza e modifica le regole relative al monitoraggio della situazione epidemiologica causata dalla diffusione del virus SARSCoV2.

Successivamente, il Ministero della Salute ha emesso una circolare l’11 agosto che, in considerazione del nuovo quadro normativo privo di restrizioni, offre delle indicazioni linee guida sul comportamento da adottare in caso di contrazione del COVID-19.

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La Circolare ministeriale del 11 agosto 2023

Nella circolare ministeriale si raccomanda alle persone che risultassero positive a un test diagnostico per il SARSCoV-2 di adottare le stesse misure precauzionali che sono efficaci nella prevenzione della diffusione della maggior parte delle infezioni respiratorie, ovvero:

  • utilizzare una protezione per le vie respiratorie, come una mascherina chirurgica o FFP2, quando si interagisce con altre persone;
  • restare a casa fino alla scomparsa dei sintomi in caso di manifestazioni sintomatiche;
  • igienizzare frequentemente le mani;
  • evitare ambienti affollati;
  • evitare il contatto con individui vulnerabili, immunodepressi, donne in gravidanza, e astenersi dal visitare ospedali o residenze sanitarie assistite;
  • informare le persone con cui hai avuto contatto prima della diagnosi, soprattutto se sono anziane o fragili;
  • consultare il medico di fiducia se si rientra nella categoria delle persone fragili o immunodepresse, in caso di persistenza dei sintomi oltre 3 giorni o di un peggioramento delle condizioni di salute.

Contatti positivi

Per quanto riguarda le persone che hanno avuto un contatto con individui positivi, non sono previste restrizioni particolari o misure di isolamento obbligatorio. Tuttavia, è consigliato rimanere vigili e monitorare attentamente la propria salute per l’eventuale comparsa di sintomi che potrebbero suggerire un’infezione da COVID-19. Questi sintomi includono febbre, tosse, mal di gola, stanchezza, e possono manifestarsi nei giorni immediatamente successivi al contatto con un caso confermato di COVID-19.

In conclusione, anche se non vi sono restrizioni obbligatorie, è fondamentale mostrare responsabilità sociale e solidarietà, facendo il possibile per prevenire la diffusione del COVID-19 e proteggere le persone più vulnerabili della comunità.


Microclima

Il microclima è un aspetto importante da considerare in ogni ambiente, sia esso interno o esterno. Tuttavia, i principali disagi del microclima riguardano soprattutto gli ambienti interni, dove la temperatura e l’umidità possono influire sulla salute e sul benessere delle persone.

microclima

Che cos’è il microclima nell’ambiente di lavoro?

Il microclima nell’ambiente di lavoro è l’insieme delle condizioni climatiche che si verificano all’interno di un ambiente lavorativo, come la temperatura, l’umidità relativa dell’aria, la velocità del vento, la pressione atmosferica e la qualità dell’aria. Questi fattori possono influenzare il benessere e la produttività dei lavoratori, quindi è importante effettuare una valutazione del microclima per garantire un ambiente di lavoro sicuro e confortevole.

La valutazione del microclima comporta l’analisi delle condizioni climatiche all’interno dell’ambiente di lavoro al fine di identificare eventuali problemi. Ad esempio, un’eccessiva umidità relativa può creare condizioni ideali per la crescita di muffe e funghi, che a loro volta possono causare allergie e malattie respiratorie.

La valutazione del microclima

Il rischio da microclima è una valutazione complessa, che richiede l’analisi di diverse variabili quali la temperatura, l’umidità relativa, la velocità del vento e l’irraggiamento solare. La valutazione del microclima include la misurazione della temperatura dell’aria, dell’umidità relativa dell’aria, della velocità dell’aria e della radiazione solare. Tutti questi fattori possono influire sul comfort termico dei lavoratori e sulla loro capacità di svolgere le attività lavorative in modo efficiente.

La valutazione del microclima può anche includere l’esame delle condizioni di illuminazione nell’ambiente di lavoro. Una buona illuminazione è essenziale per garantire un ambiente confortevole e sicuro per i lavoratori.

Infine, la valutazione del microclima comprende anche l’esame della qualità dell’aria nell’ambiente di lavoro. La presenza di sostanze inquinanti nell’aria può causare problemi respiratori, allergie e malattie.

Microclima e benessere termico

La normativa vigente in Italia prevede l’utilizzo di specifici indici di valutazione per verificare che i parametri climatici siano in linea con le esigenze degli utenti. In particolare, la norma UNI EN 15251 stabilisce i criteri di comfort termico per gli edifici e le attività indoor, considerando vari fattori come la temperatura dell’aria, la velocità dell’aria, l’umidità relativa e la temperatura radiante media. L’indice di riferimento principale per valutare il comfort termico è il PMV (Predicted Mean Vote), che tiene conto delle sensazioni termiche degli occupanti e delle condizioni ambientali.

Per quanto riguarda gli ambienti esterni, invece, viene utilizzato l’indice UTCI (Universal Thermal Climate Index), che considera non solo la temperatura dell’aria ma anche altri fattori come la radiazione solare, la velocità del vento e l’umidità relativa. Questo indice è stato sviluppato per valutare il rischio di stress termico per le persone che lavorano all’aperto o praticano attività sportive.

Gli indici sopracitati non sono degli obblighi normativi ma delle linee guida per garantire il benessere termico degli utenti.

Le categorie degli ambienti microclimatici

La prima categoria riguarda gli ambienti di lavoro. In questi spazi, la temperatura, l’umidità e la ventilazione possono influire sulla produttività e sulla salute dei lavoratori. È importante mantenere una temperatura adeguata e un’umidità relativa tra il 40% e il 60%. Inoltre, è fondamentale garantire una corretta ventilazione per evitare accumulo di anidride carbonica e di altri inquinanti.

La seconda categoria riguarda gli ambienti domestici. Anche in questo caso vale quanto detto sopra relativamente agli ambienti di lavoro.

La terza categoria riguarda gli ambienti ospedalieri. In questi spazi, la temperatura, l’umidità e la ventilazione possono influire sulla guarigione dei pazienti. È importante mantenere una temperatura adeguata (tra i 20°C e i 25°C) e un’umidità relativa tra il 40% e il 60%. Inoltre, è fondamentale garantire una corretta ventilazione per evitare la diffusione di agenti patogeni.

La quarta categoria riguarda gli ambienti scolastici. In questi spazi, la temperatura, l’umidità e la ventilazione possono influire sull’apprendimento degli studenti. È importante mantenere una temperatura adeguata (tra i 18°C e i 22°C) e un’umidità relativa tra il 40% e il 60%. Inoltre, è fondamentale garantire una corretta ventilazione per evitare accumulo di anidride carbonica e di altri inquinanti.

Il microclima negli ambienti moderati

Il microclima negli ambienti moderati è un aspetto fondamentale da tenere in considerazione per garantire il benessere degli individui che frequentano tali spazi. Normative e indici di riferimento rappresentano uno strumento indispensabile per la valutazione del microclima, al fine di garantire il rispetto dei limiti di legge e un adeguato livello di comfort termico.

Il D. Lgs. 81/2008 stabilisce le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, tra cui l’obbligo di fornire ai lavoratori un ambiente di lavoro confortevole e sicuro. In particolare, l’articolo 191 prevede la necessità di adottare tutti i provvedimenti idonei a tutelare la salute dei lavoratori dall’esposizione a rischi derivanti dalle condizioni ambientali di lavoro.

Per valutare il microclima negli ambienti moderati, esistono diversi indici di riferimento come la temperatura operativa, l’umidità relativa e la velocità dell’aria. La temperatura operativa rappresenta la temperatura effettivamente percepita dagli individui, tenendo conto delle condizioni ambientali e delle attività svolte. L’umidità relativa indica la quantità di vapore acqueo presente nell’aria ed è importante per evitare problemi respiratori o irritazioni cutanee. Infine, la velocità dell’aria è fondamentale per evitare fenomeni di raffreddamento per convezione.

Per garantire un adeguato livello di comfort termico, esistono anche altre normative specifiche come la norma UNI EN ISO 7730, che definisce i parametri per la valutazione del comfort termico e l’indice di benessere PMV (predicted mean vote). Tale indice tiene conto della temperatura operativa, dell’umidità relativa, della velocità dell’aria, dell’abbigliamento e dell’attività svolta dagli individui.

Il microclima negli ambienti severi caldi e freddi

La valutazione del microclima in ambienti severi caldi e freddi richiede una particolare attenzione. In contesti caldi come le fonderie, le acciaierie o le centrali termoelettriche, il microclima può rappresentare una sfida importante per la salute dei lavoratori. Le alte temperature, infatti, possono provocare disidratazione, colpi di calore e altri disturbi che possono compromettere la capacità di lavoro e aumentare il rischio di incidenti sul posto di lavoro.

Per valutare il microclima in questi ambienti è possibile utilizzare strumenti specifici come termometri a sonda o sensori di umidità. Inoltre, è importante effettuare una valutazione dell’esposizione al calore dei lavoratori, che tiene conto non solo della temperatura ambientale ma anche del tasso di umidità relativa, della velocità dell’aria e delle attività svolte dai lavoratori stessi.

Anche nei contesti freddi come i magazzini frigoriferi o le stazioni sciistiche, la valutazione del microclima è fondamentale per garantire il comfort degli operatori e dei visitatori. Le basse temperature possono infatti provocare ipotermia, congelamento delle estremità e altre patologie legate all’esposizione al freddo. Anche in questo caso sono utili i termometri a sonda o sensori di umidità, oltre alla valutazione della velocità dell’aria e dell’esposizione al freddo dei lavoratori. Ovviamente è importante prevedere un adeguato isolamento termico degli ambienti e la presenza di sistemi di riscaldamento adeguati.

Qual è il microclima confortevole?

Ci sono diversi fattori che possono influire sulla percezione del microclima da parte dei lavoratori. In primo luogo, la temperatura: un ambiente troppo caldo o troppo freddo può causare disagio e stress. La temperatura ideale dipende dalle attività svolte all’interno dell’ambiente di lavoro; un’umidità dell’aria troppo bassa può causare secchezza delle mucose nasali e oculari, mentre un’umidità troppo alta può favorire la crescita di muffe e batteri. L’umidità ideale dovrebbe essere compresa tra il 40% e il 60%.

La ventilazione è un altro aspetto cruciale per garantire un microclima confortevole. Una ventilazione insufficiente può causare accumulo di agenti inquinanti nell’aria, come ad esempio polveri o sostanze chimiche presenti nei materiali utilizzati all’interno dell’ambiente di lavoro.

Infine, la qualità dell’illuminazione può influire sulla percezione del microclima da parte dei lavoratori. Una luce troppo intensa o mal distribuita può causare stanchezza visiva e mal di testa.

In conclusione, un microclima confortevole migliora la qualità della vita dei lavoratori, riduce il rischio di malattie legate al clima e aumenta la produttività.



 

Legionella, rischio di contagio

La legionella è un batterio che può causare malattie respiratorie gravi come la legionellosi. Il batterio della legionella può proliferare nei sistemi idrici degli edifici. Il rischio di contagio tramite l’acqua è relativamente alto dal momento che la legionella può sopravvivere in acqua a temperature comprese tra i 20°C e i 50°C, temperature ideali per la proliferazione batterica. Gli impianti idrici degli edifici, come le torri di raffreddamento, i condizionatori d’aria e i sistemi di distribuzione dell’acqua calda sanitaria, possono essere dei veri e propri incubatori per la legionella.

legionella

Come evitare la proliferazione della legionella negli impianti idrici degli edifici

La legionella si trasmette attraverso l’inalazione di piccole goccioline d’acqua infette, come quelle prodotte dalle docce, dai rubinetti o dall’aria condizionata. La malattia non si trasmette da persona a persona. Per prevenire la legionellosi è importante mantenere gli impianti idrici puliti e ben curati. Ciò include la regolare pulizia delle torri di raffreddamento e dei serbatoi d’acqua, il mantenimento delle temperature dell’acqua sotto i 20°C o sopra i 60°C, l’eliminazione di acqua stagnante nei sistemi idrici ed il controllo della concentrazione di cloro nell’acqua.

Identificazione delle aree a rischio e monitoraggio degli impianti idrici

L’identificazione delle aree a rischio e il monitoraggio degli impianti idrici ricoprono un ruolo fondamentale nella prevenzione della proliferazione della legionella negli edifici.

In primo luogo, è importante effettuare un’analisi dettagliata degli impianti idrici per individuare eventuali punti critici, come gli accumulatori di calore, i serbatoi di accumulo dell’acqua e gli impianti di nebulizzazione.

Una volta individuati questi punti critici, è necessario monitorare regolarmente gli impianti per rilevare eventuali anomalie o variazioni dei parametri di controllo. In particolare, il monitoraggio degli impianti idrici deve includere la misurazione della temperatura dell’acqua in diversi punti dell’impianto, la verifica della presenza di sostanze chimiche come il cloro e la revisione periodica degli impianti per garantire che siano conformi alle normative vigenti.

Inoltre, è utile adottare misure preventive per mantenere l’impianto sempre in condizioni igieniche ottimali, come la pulizia periodica degli accumulatori di calore e dei serbatoi di accumulo dell’acqua.

Manutenzione regolare e pulizia degli impianti di riscaldamento, ventilazione e aria condizionata

La manutenzione regolare e la pulizia degli impianti di riscaldamento, ventilazione e aria condizionata sono essenziali per evitare la proliferazione della legionella negli edifici. Gli impianti di condizionamento sono uno dei luoghi più comuni in cui la legionella può proliferare.

La manutenzione regolare include controlli periodici per individuare eventuali perdite o guasti, la sostituzione delle parti usurate e la pulizia dell’intero sistema di condizionamento. La pulizia degli impianti di riscaldamento, ventilazione e aria condizionata richiede l’utilizzo di detergenti specifici per rimuovere i depositi di calcare, la polvere, i batteri e altri contaminanti che possono accumularsi all’interno dell’impianto.

Esistono diversi tipi di sistema di trattamento dell’acqua che possono essere utilizzati per prevenire la crescita della legionella, tra cui l’utilizzo di biocidi, l’installazione di filtri e la disinfezione dell’acqua. Uno dei metodi più comuni per prevenire la crescita della legionella è l’utilizzo di biocidi. Questi prodotti chimici vengono aggiunti all’acqua degli impianti idrici per uccidere eventuali batteri presenti e prevenire la loro proliferazione. I biocidi possono essere a base di cloro, bromo, iodio o altri composti chimici.

Un altro metodo efficace per prevenire la crescita della legionella è l’installazione di filtri negli impianti idrici. I filtri rimuovono le particelle che possono fungere da nutrimento per i batteri e possono ridurre significativamente il rischio di infezioni da legionella. Esistono diversi tipi di filtri che possono essere utilizzati, tra cui filtri a carbonio attivo e filtri ultravioletti.

Infine, la disinfezione dell’acqua può essere effettuata anche con metodi fisici come l’irradiazione con raggi ultravioletti. Gli interventi di manutenzione devono essere effettuati da personale specializzato e qualificato, in grado di garantire l’efficacia delle operazioni di pulizia e il rispetto delle norme di sicurezza.

Controllo della temperatura dell’acqua negli impianti idrici

Il controllo della temperatura dell’acqua è uno dei principali fattori nella prevenzione della proliferazione della legionella negli impianti idrici degli edifici. Dal momento che la temperatura ideale per la crescita del batterio è compresa tra i 20°C e i 45°C, mantenere l’acqua al di fuori di questa fascia di temperatura impedisce la proliferazione della legionella.

In Italia l’acqua potabile deve essere mantenuta a una temperatura tra i 10°C e i 25°C alla distribuzione ai punti di prelievo. Tuttavia, in determinati casi, come ad esempio negli ospedali o nelle case di riposo, l’acqua calda può essere mantenuta a una temperatura superiore ai 60°C, in modo da disinfettare gli impianti e prevenire la diffusione di batteri. Grazie all’utilizzo di termometri è possibile monitorare costantemente la temperatura dell’acqua e regolare la temperatura dell’acqua calda ai punti in cui il rischio di contaminazione è maggiore. Per ridurre ulteriormente il rischio di proliferazione della legionella, si possono installare dispositivi di raffreddamento dell’acqua o di trattamento termico, che mantengono l’acqua al di sotto della temperatura ideale per la crescita del batterio.


Il defibrillatore: quando è obbligatorio e come usarlo

Il defibrillatore, un dispositivo che può salvare vite, ma ancora troppo spesso viene sottovalutato o ignorato: quando è obbligatorio averne uno a disposizione e soprattutto come usarlo in caso di emergenza? Ogni anno molte persone sono colpite da arresto cardiaco improvviso e una parte di queste perde la vita perché non soccorse tempestivamente. Quali sono le normative relative all’obbligo dei defibrillatori nei luoghi pubblici ed privati? Quali strutture hanno l’obbligo di dotazione? Quali sanzioni sono previste in caso contrario?

defibrillatore

Requisiti e normative per l’obbligatorietà dei defibrillatori

Il defibrillatore può essere manuale, automatico, semiautomatico o impiantabile, e serve per defibrillare un paziente colpito da arresto cardiaco o da fibrillazione ventricolare erogando una scarica elettrica al cuore.

I defibrillatori automatici o semiautomatici esterni (DAE) rappresentano un importante strumento di primo soccorso in caso di arresto cardiaco improvviso. La loro diffusione e l’obbligatorietà della presenza dei DAE in luoghi pubblici o privati è soggetta a specifici requisiti e normative. Il DAE è obbligatorio solo in alcuni contesti: ad esempio, nei luoghi di lavoro con oltre 15 dipendenti, nelle palestre con più di 300 m2 di superficie, negli impianti sportivi con una capienza superiore ai 500 posti a sedere, nei luoghi ad alta affluenza come gli aeroporti o le stazioni ferroviarie con una media di almeno 500 persone al giorno, nelle strutture ricettive come gli hotel con almeno 25 posti letto e nel trasporto sanitario.

Pertanto, l’acquisto e l’utilizzo dei DAE deve essere effettuato seguendo specifiche normative che regolamentano la qualità del dispositivo e la formazione necessaria per il suo corretto utilizzo. Tali normative sono dettate dal Ministero della Salute, dalla Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza (SIMEU) e dalla Federazione Italiana di Cardiologia (FIC). In sintesi, i DAE devono essere conformi alle norme CE e alla normativa EN 60601-1.

Inoltre, per l’utilizzo del DAE è richiesta una formazione specifica da parte di personale in possesso di un attestato di primo soccorso e di un corso specifico per l’utilizzo del defibrillatore. Tale formazione deve essere rinnovata periodicamente e assicurare una conoscenza adeguata delle procedure d’uso e delle azioni da intraprendere in caso di arresto cardiaco improvviso.

Posizionamento e manutenzione del defibrillatore in luoghi pubblici e privati

È fondamentale che il defibrillatore sia facilmente accessibile, visibile e che si trovi in una posizione strategica. In primo luogo è importante valutare la frequenza e il tipo di attività svolta nel luogo in cui si intende posizionare il defibrillatore. Il luogo ideale di posizionamento del defibrillatore è un luogo facilmente raggiungibile, ben visibile e possibilmente protetto in una idonea teca.

Il defibrillatore deve essere sottoposto ad una manutenzione regolare per cui, per esempio, bisogna controllare le batterie per assicurarsi che siano cariche e sostituirle quando necessario. Inoltre, bisogna controllare che i fili conduttori siano in buono stato e che i cuscinetti adesivi siano adeguatamente attaccati, sostituendoli se necessario.

Chi può utilizzare il DAE?

Il defibrillatore può essere utilizzato da medici e dal personale sanitario non medico, ma anche da personale non sanitario purché formato in modo specifico.

Formazione obbligatoria per l’utilizzo del DAE

La formazione obbligatoria per l’utilizzo del DAE è fondamentale per poter intervenire tempestivamente in caso di arresto cardiaco improvviso. La normativa prevede infatti l’obbligo per determinate categorie di persone, come gli operatori sanitari, il personale scolastico e il personale delle aziende, di essere formato all’utilizzo del DAE.

La formazione si compone di una parte teorica e una parte pratica, in modo che gli partecipanti acquisiscano le competenze necessarie per utilizzare correttamente il DAE. Nella parte teorica si esaminano i concetti di base sulla fisiologia del cuore, sulle cause dell’arresto cardiaco e sulle modalità di intervento con il DAE. Inoltre, viene spiegato il funzionamento del defibrillatore semiautomatico esterno e le precauzioni da adottare durante l’intervento.

La parte pratica, invece, consiste in esercitazioni su un manichino per simulare le varie situazioni in cui si può verificare un arresto cardiaco improvviso. I partecipanti apprendono come posizionare le placche adesive sul torace del paziente, come attivare il defibrillatore e come seguire le istruzioni vocali fornite dal dispositivo.

Procedura di utilizzo corretto del defibrillatore durante un’emergenza cardiaca

In primo luogo bisogna verificare che il defibrillatore sia in grado di funzionare correttamente e che sia carico almeno al 50% della sua capacità. Successivamente, bisogna accedere alle pad adesive, rimuovendo la carta protettiva e posizionandole sul torace della persona da soccorrere, seguendo le indicazioni riportate sul dispositivo.

Una volta posizionate le pad, è necessario collegare il defibrillatore mediante i cavi forniti e accendere il dispositivo, seguendo le istruzioni riportate sul display. Il defibrillatore effettua in modo automatico un’analisi del ritmo cardiaco e, se rilevata una fibrillazione ventricolare o una tachicardia ventricolare senza polso, emetterà un segnale acustico che indicherà di premere il pulsante di scarica.

Prima di premere il pulsante di scarica, si deve assicurarsi che tutte le persone presenti siano lontane. Si deve poi applicare una pressione decisa sul pulsante e attendere che il defibrillatore emetta una scarica elettrica. Dopo aver effettuato la scarica, il defibrillatore riprenderà l’analisi del ritmo cardiaco del paziente e indicherà se sia necessario ripetere la procedura. Nel caso in cui non sia rilevata più attività elettrica del cuore, sarà necessario iniziare immediatamente la rianimazione cardiopolmonare.


Le radiazioni ionizzanti

Che cos’è una radiazione ionizzante e perché è dannosa per la salute?

Le radiazioni ionizzanti sono un tipo di energia che è in grado di rimuovere gli elettroni dagli atomi, creando ioni. Questo tipo di radiazione può causare danni ai tessuti viventi, aumentando il rischio di cancro, malattie cardiache e altre patologie.

Le radiazioni ionizzanti possono essere emesse da fonti naturali come il sole, ma anche da attività umane come l’uso di materiali radioattivi in medicina o in industria. Le fonti più comuni di radiazioni ionizzanti sono i raggi X, le radiazioni gamma e le particelle beta.

radiazioni-ionizzanti

Il nostro corpo è in grado di gestire una certa quantità di esposizione alle radiazioni ionizzanti senza subire danni permanenti. Tuttavia, l’esposizione a dosi elevate può essere estremamente dannosa per la salute.

I tessuti del nostro corpo sono composti da cellule che possono essere danneggiate dalle radiazioni ionizzanti. Quando le cellule subiscono danni al DNA, questo può portare alla formazione di mutazioni genetiche che possono causare malattie come il cancro.

L’esposizione alle radiazioni ionizzanti può anche influire sul sistema immunitario e sul sistema cardiovascolare, aumentando il rischio di malattie cardiache e altre patologie.

Per ridurre i rischi associati all’esposizione alle radiazioni ionizzanti, è importante prendere precauzioni appropriate quando si lavora con materiali radioattivi o si eseguono procedure mediche che coinvolgono l’uso di raggi X o altre fonti di radiazione.

Come agiscono le radiazioni ionizzanti e quelle non ionizzanti?

Le radiazioni sono un tipo di energia che si propaga nell’ambiente sotto forma di onde o particelle. Esistono due tipi principali di radiazioni: ionizzanti e non ionizzanti. Le radiazioni ionizzanti sono in grado di rimuovere elettroni dagli atomi del corpo umano, causando danni alle cellule e ai tessuti. Questo tipo di radiazione può essere prodotto naturalmente (da rocce radioattive per esempio) o artificialmente (da centrali nucleari, armi atomiche).

Le radiazioni non ionizzanti non hanno abbastanza energia per rimuovere gli elettroni dagli atomi del corpo umano. Questo tipo di radiazione può essere prodotto da fonti naturali (come il sole) o artificiali (come i telefoni cellulari). Le radiazioni non ionizzanti possono comunque causare danni alla salute, ad esempio il surriscaldamento dei tessuti corporei.

In generale, le persone sono maggiormente esposte alle radiazioni non ionizzanti rispetto a quelle ionizzanti: l’esposizione alle onde radio emesse dai telefoni cellulari è molto più comune dell’esposizione alle radiazioni prodotte dalle centrali nucleari.

Che cosa sono le radiazioni ionizzanti

La radiazione ionizzante può essere suddivisa in due categorie: particelle alfa e beta e raggi gamma e X. Le particelle alfa e beta sono costituite da particelle di materia che si muovono a velocità estremamente elevate. I raggi gamma e X sono invece costituiti da onde elettromagnetiche ad alta energia.

Le radiazioni alfa sono costituite da particelle cariche di due protoni e due neutroni (nucleo di elio) che vengono emesse da alcuni nuclei atomici instabili. A causa della loro massa elevata, hanno una bassa capacità di penetrazione nei materiali e possono essere bloccate da uno strato sottile di carta o tessuto.

Le radiazioni beta sono costituite da particelle cariche (elettroni o positroni) che si muovono ad alta velocità. Sono emesse da alcuni nuclei atomici instabili durante il decadimento radioattivo. Le radiazioni beta hanno una capacità maggiore di penetrazione rispetto alle radiazioni alfa, ma ancora limitata. Possono essere bloccate da uno spessore maggiore di materiale rispetto alle radiazioni alfa, come ad esempio un foglio di alluminio.

Le radiazioni gamma sono costituite da fotoni ad alta energia che non hanno carica elettrica. Sono prodotte dal decadimento dei nuclei atomici instabili e possono penetrare in profondità nei materiali. Le radiazioni gamma sono le più pericolose per la salute umana, poiché possono causare danni al DNA e aumentare il rischio di cancro.

Oltre ai tre tipi principali di radiazione ionizzante, esiste anche la radiazione neutronica, che è costituita da neutroni liberi ad alta energia. Questa forma di radiazione è prodotta durante alcune reazioni nucleari e ha una capacità elevata di penetrazione nei materiali.

L’effetto della radiazione ionizzante sul corpo umano dipende dalla quantità di energia assorbita e dalla durata dell’esposizione. L’esposizione a dosi elevate di radiazione ionizzante può causare danni ai tessuti, inclusa la mutazione delle cellule.

Come si misurano le radiazioni ionizzanti?

Ci sono diversi strumenti utilizzati per misurare le radiazioni ionizzanti. Il più comune è il dosimetro, che viene indossato dalle persone esposte alle radiazioni in modo da rilevare la quantità di radiazione a cui sono stati esposti. Questo strumento può essere utilizzato in ambienti di lavoro come centri medici o impianti nucleari dove il rischio di esposizione alle radiazioni è maggiore.

Un altro strumento utilizzato per misurare le radiazioni ionizzanti è il radiometro. Questo strumento viene utilizzato per rilevare la quantità di radiazione presente nell’ambiente circostante. È dotato di un sensore che rileva le particelle ionizzanti e di un display che mostra l’intensità della radiazione in tempo reale.

Esistono anche strumenti più sofisticati come i contatori Geiger-Muller, utilizzati soprattutto in ambito scientifico e industriale. Questi strumenti sono in grado di rilevare anche le particelle più piccole e possono essere utilizzati per monitorare la radioattività del suolo o dell’acqua.

Inoltre, è possibile misurare le radiazioni ionizzanti attraverso l’analisi di campioni biologici come il sangue o l’urina. Questa tecnica viene utilizzata soprattutto in ambito medico per monitorare l’esposizione a radiazioni ionizzanti da parte dei pazienti che si sottopongono a terapie radioterapiche.

Esposizione a radiazioni ionizzanti e protezione

Le radiazioni ionizzanti sono presenti in diversi ambienti e situazioni: nelle centrali nucleari, nei laboratori di ricerca o nelle industrie che utilizzano materiali radioattivi. Queste radiazioni sono prodotte da fonti come il plutonio, l’uranio o il cesio-137 e possono causare danni alla salute se non gestite correttamente.

Altri luoghi in cui si può essere esposti a radiazioni ionizzanti sono gli ospedali. Qui vengono utilizzate per diagnosticare e trattare alcune malattie, attraverso l’utilizzo di raggi X, tomografia computerizzata (TC) o radioterapia. Anche se queste tecniche possono salvare vite umane, la loro esposizione ripetuta può comportare rischi per la salute.

Anche gli ambienti esterni possono contenere radiazioni ionizzanti, ad esempio a causa di eventi naturali come le eruzioni vulcaniche o i terremoti. Inoltre, i raggi cosmici provenienti dallo spazio possono penetrare nell’atmosfera terrestre e causare esposizioni alle radiazioni ionizzanti.

Anche gli oggetti che ci circondano possono emettere radiazioni ionizzanti. Ad esempio, alcuni tipi di minerali contengono elementi radioattivi come il torio o l’uranio. Anche le lampade a basso consumo elettrico emettono radiazioni ionizzanti, sebbene in quantità molto ridotte.

Le radiazioni ionizzanti sono un rischio potenziale per la salute e per questo esiste una serie di misure di protezione e prevenzione per ridurre l’esposizione. In primo luogo, è importante limitare l’esposizione alle fonti di radiazione. Ad esempio, se si lavora in un ambiente in cui si utilizzano macchinari che emettono radiazioni ionizzanti, è importante indossare dispositivi di protezione come schermi protettivi o tute apposite.

In secondo luogo, è importante monitorare l’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Questo può essere fatto attraverso la misurazione della dose di radiazione ricevuta dal corpo. Esistono strumenti specifici per questo scopo che possono essere utilizzati per monitorare l’esposizione alle radiazioni.